Giornata Internazionale dei Diritti della Donna

In molti Paesi del mondo, l’8 marzo ricorre la Giornata Internazionale della Donna. Su questa ricorrenza sono molti gli stereotipi e gli errori che si fanno, anche in buona fede. È vero che si celebra l’8 marzo in memoria delle operaie uccise in un incidente in fabbrica agli inizi del Novecento a New York? Perché si regalano le mimose? Va bene fare gli auguri alle donne?
Cominciamo con il nome completo della ricorrenza: quella dell’8 marzo non è una “Festa”, ma una giornata di lotta, commemorazione delle battaglie combattute sin qui, di elaborazione e di riflessione sulle conquiste che ancora ci aspettano nel presente e nel futuro. Per questo non si chiama “Festa della Donna”, ma Giornata Internazionale della Donna.

Perché la Giornata Internazionale della Donna cade ogni anno l’8 marzo? 

Sull’origine di questa data ci sono molti luoghi comuni. Secondo alcuni sarebbe stata istituita per ricordare le operaie di una fabbrica di New York (ma a volte si dice anche Philadelphia) che sarebbero rimaste uccise in un incendio agli inizi del Novecento.
In realtà questa ricorrenza, così come la scelta della data ufficiale, ha una storia complessa e sfaccettata. La prima giornata ufficiale della donna si tenne negli Stati Uniti, il 23 febbraio del 1909 per iniziativa del Partito Socialista Americano, che invitò tutte le donne a unirsi a una manifestazione per il suffragio femminile. Da allora, cominciò a diffondersi anche in altri Paesi, ma la ricorrenza cadeva in giorni sempre diversi e tutte le manifestazioni vennero sospese durante la guerra.
L’8 marzo 1917 una grande manifestazione di donne marciò compatta per le strade di San Pietroburgo, chiedendo a gran voce la fine della guerra e dando di fatto inizio alla rivoluzione russa.
Qualche anno dopo, sarà proprio Lenin a ufficializzare la ricorrenza e scegliere proprio l’8 marzo come data ufficiale della Giornata della Donna.
In Italia fu il Partito Comunista a prendere l’iniziativa di celebrare la prima Giornata Internazionale della Donna il 12 marzo del 1922. Dopo i disastrosi anni del fascismo, l’8 marzo 1945, l’UDI decise di celebrare la Giornata Internazionale della Donna nell’Italia libera e l’8 marzo dell’anno successivo, la ricorrenza fu estesa a tutta Italia.
Ancora oggi è importante celebrare la Giornata Internazionale della Donna, perché se molti diritti sono stati conquistati grazie alle battaglie delle nostre sorelle del passato, la lotta contro il patriarcato continua e l’8 marzo ci ricorda che siamo ancora qui a combattere.

In Italia l’8 marzo si regalano le mimose. Accade anche in altri Paesi del mondo? No, solo qui. Perché? Alla fine della guerra, quando si cominciò a celebrare in Italia la Giornata Internazionale della Donna, Luigi Longo propose la violetta come simbolo di questa giornata. Teresa Mattei, antifascista, partigiana e madre Costituente, si oppose a questa scelta, perché le violette erano care e nell’Italia del dopoguerra, oppressa dalla povertà e dalla fame, pochi se le sarebbero potute permettere. Qual è invece quel fiore “povero” che fiorisce tra febbraio e marzo e può essere anche raccolto gratuitamente? Ecco che Mattei, insieme a Teresa Noce e Rita Montagnana, propose la mimosa come fiore dell’8 marzo. Anni dopo, in un’intervista, disse che la mimosa le ricordava la lotta sulle montagne, perché era il fiore che i partigiani regalavano alle staffette. L’idea ebbe successo.

Negli anni Cinquanta regalare la mimosa per l’8 marzo era considerato un gesto “atto a turbare l’ordine pubblico”. Poi Capitalismo, che tutto assorbe e tutto divora, e Patriarcato hanno trasformato la Giornata della Donna in “Festa della Donna”, per addomesticarla e svuotarla della sua carica sovversiva, trasformando la mimosa in un comodo cadeau, un “omaggio” da regalare alla “donne della nostra vita”, un pensiero dovuto ma non sentito e forse neppure capito.

 

Ecco, noi non vogliamo omaggi, vogliamo parità e diritti. Vogliamo rivendicare le nostre lotte e i loro simboli. Per questo crediamo che sia importante riappropriarci della mimosa, simbolo di lotta e non di festa commerciale.

In parte l’abbiamo già spiegato: l’8 Marzo non è una festa ma una Giornata di commemorazione delle lotte passate, di riflessione sulla situazione attuale e di lotta per il domani.


Sappiamo che molti degli auguri che le donne ricevono l’8 marzo non sono fatti in cattiva fede, ma se ci fermassimo un attimo a riflettere sul significato della parola “auguri” capiremmo subito che non bastano. Se l’augurio è etimologicamente un presagio, cioè la previsione di un evento, non limitatevi alle parole, ma fate sì che questo presagio si avveri, siate artefici insieme a noi di una società equa.


Ci state augurando un domani migliore? Aiutateci a costruirlo!
Ci state augurando una società non sessista, non misogina, non discriminante?
Ci state augurando di venir pagate quanto i nostri colleghi maschi? Di poter fare carriera senza che qualcuno dica “chi sa a chi l’avrà data?!”? Di poter scegliere la carriera al posto della famiglia?
Ci state augurando di poter scegliere di non avere figli o averne 7 senza sensi di colpa? Di poter scegliere di abortire in sicurezza senza minacce o giudizi? Di poter scegliere cosa fare dei nostri corpi?
Ci state augurando di poter uscire da sole la sera senza aver paura? Di poter indossare una minigonna senza sentirsi dire “così se la cerca”? Di poter interrompere una relazione senza il rischio di venir uccise?


Se è così allora, l’8 marzo, non fateci gli auguri, ma unitevi alla lotta!

Poiché l’8 marzo nasce dalle lotte delle donne, oggi vogliamo ricordare un 8 marzo in particolare, quello del 1972.

 

L’8 marzo 1972 a Roma, in piazza Campo de’ Fiori, si tenne una famosa manifestazione femminista. Jane Fonda lesse un discorso di fronte alla polizia pronta a intervenire: i cartelli delle manifestati chiedevano la legalizzazione dell’aborto e la liberalizzazione dell’omosessualità, entrambi ritenuti intollerabili. Gli agenti caricarono e presero a manganellate le femministe, disperdendole e ferendone diverse.  Tra quelle donne c’era Mariasilvia Spolato, che è stata la prima in Italia a fare coming out come donna lesbica. La foto di lei alla manifestazione con un cartello del F.U.O.R.I. finirono su Panorama e la portarono a perdere il suo lavoro di insegnante, a essere abbandonata dalla famiglia e dalla donna che amava. Mariasilvia Spolato perse tutto in nome della battaglia che, come donna e come lesbica, aveva voluto combattere.

Da quell’8 marzo 1972 sono passati 50 anni, molte delle nostre lotte hanno avuto successo, ma molto resta ancora da fare: il diritto all’aborto sembra appeso ad un filo sempre più sottile, atti di razzismo, abilismo, di omofobia, lesbofobia, bifobia, transfobia, afobia sono all’ordine del giorno, la polizia continua a caricare manifestantə indifesi, ancora continuiamo a subire violenze e a venire uccise a ritmi vertiginosi.

 

Per questo in questa giornata dell’8 marzo 2022, ringraziamo con gratitudine le nostre sorelle di ieri, come Mariasilvia Spolato e molte altre, e ci stringiamo alla nostre sorelle di oggi perché insieme, unite nella lotta, possiamo consegnare alle future generazioni un mondo più giusto e più equo.

Campagna in collaborazione con la Rete Donne Transfemministe di Arcigay

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